Nei giorni scorsi si è chiuso anche l’ultimo appuntamento del Tavolo tecnico fra Governo e associazioni balneari sulla mappatura del demanio marittimo. Nelle prossime settimane una delegazione del Tavolo presenterà alla Commissione europea il lavoro effettuato in via preliminare, per cercare di convincere l’UE sulla possibilità di mettere a gara solo i tratti di costa concedibili e non quelli già concessi.
È entrata nel vivo la partita delle concessioni balneari dopo la conclusione dell’ultimo Tavolo tecnico di Palazzo Chigi al quale hanno partecipato nove ministeri e una ventina di associazioni di categoria. Dagli incontri è emerso che le spiagge in concessione (oppure oggetto di domanda) occupano il 33% delle aree disponibili e il restante 67% è libero e astrattamente concedibile. Si va dunque verso la presentazione del lavoro alla Commissione europea per poi provare a convincerla che, sulla base dell’articolo 12 della direttiva Bolkestein, i numeri emersi consentono di mettere a gara solo i tratti di costa concedibili e non quelli già concessi.
Tuttavia, se questa tesi sarà rigettata dai funzionari europei, l’unica strada possibile sarà quella dell’intervento normativo: l’ipotesi più plausibile è quella di un emendamento a fine anno alla legge di bilancio. E dunque si potrebbe profilare una correzione del quadro introdotto con il decreto milleproroghe prevedendo subito nuove gare ma con dei requisiti particolarmente premianti per gli attuali concessionari, ad esempio in termini di clausole sociali e punteggi aggiuntivi per le piccole e medie imprese.
In ogni caso, prima di presentare l’esito dei lavori alla Ue, sarà necessario un passaggio in Conferenza unificata. Anche perché la relazione di otto pagine presenta qualche punto debole: è stato infatti scelto come criterio della ricognizione l’utilizzo del dato nazionale, «secondo un approccio generale e astratto, proporzionato e non discriminatorio». Nello specifico sono stati inclusi anche i tratti di roccia, compresi quelli inaccessibili o quasi, mentre sono stati esclusi dal computo le aviosuperfici, i porti, le aree industriali, le aree naturali protette. Non è stato poi tenuto conto che in diversi casi la normativa regionale prevede una percentuale minima di spiaggia libera che non può essere in ogni caso data in concessione. Insomma, il 67% di spiagge libere non significa che si tratti sempre di spiagge realmente concedibili.
Inoltre, la mappatura si è limitata alle concessioni demaniali marittime mentre l’obiettivo iniziale era di considerare anche quelle lacuali e fluviali. Inevitabile, visto che tutto il lavoro paradossalmente è stato svolto senza che fosse già operativo il sistema Siconbep per la mappatura delle concessioni dei beni pubblici, istituito con la legge concorrenza del 2022. Si è fatto dunque ricorso al vecchio Sid, il portale del mare che fa capo al Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, che non contiene informazioni su laghi e fiumi, gestite a livello comunale o sovraregionale.